Alluminio: tutto quello che c’è da sapere sulla sua sicurezza.
Al netto della funzionalità renale, vaccinarsi non fa aumentare la quantità di alluminio presente nel nostro corpo. Inoltre la concentrazione di alluminio non è correlata a disturbi cognitivi o dello sviluppo.
L’idrossido di alluminio, usato come adiuvante per amplificare la risposta immunitaria stimolata da un vaccino, rappresenta uno dei principali bersagli delle critiche dei NoVax in merito alla sicurezza sanitaria delle pratiche vaccinali. Dal punto di vista scientifico non esistono tuttavia evidenze sulla pericolosità dell’alluminio presente nelle soluzioni iniettate. D’altro canto sono molteplici i lavori che confermano l’inconsistenza delle tesi allarmistiche sull’alluminio.
La rivista Academic Pediatrics, a inizio primavera, ha pubblicato un articolo, a cura di un gruppo di ricerca dell’ospedale pediatrico di Boston, nel quale vengono paragonate le concentrazioni di alluminio presenti a livello ematico e nei capelli tra bambini vaccinati e non. Dallo studio si evince come non esista alcuna correlazione tra il numero di vaccinazioni a cui si è stati sottoposti e la concentrazione di alluminio residuo presente nel nostro corpo. La quantità di alluminio presenta una forte variabilità da soggetto a soggetto in base a una moltitudine di fattori, fra cui l’età, ma non c’è legame statisticamente valido con la storia vaccinale.
In effetti la quantità di alluminio che un bambino può ricevere attraverso le vaccinazioni è veramente bassa. Una dose di vaccino contiene da 0,125 a 1,5 milligrammi di alluminio; dunque in un anno un bambino ne riceve al più una decina di milligrammi. Una dose veramente bassa se si compara a quella dell’alluminio ambientale, assunto attraverso l’allattamento, la respirazione e l’alimentazione, e che il più delle volte supera quello vaccinale di uno o due ordini di grandezza.
Infine lo studio evidenzia come non esiste alcuna correlazione tra la quantità di alluminio presente nell’organismo e lo sviluppo di disturbi cognitivi, fra cui patologie dell’apprendimento e del linguaggio.